Le nevicate di gennaio migliorano la situazione dello Snow Water Equivalent sulle Alpi, ma il deficit in Italia resta al -58%, con forti criticità sugli Appennini. Temperature elevate e precipitazioni irregolari ridisegnano il bilancio nivale: il Paese vive “due inverni in uno”, con una dicotomia Nord-Sud e un’altra di alta vs. bassa quota
Siamo nel cuore dell’inverno e, mentre le montagne italiane si avvicinano al picco stagionale dell’accumulo di neve, emerge un quadro complesso e sfaccettato. Se da un lato le Alpi mostrano segnali di ripresa rispetto a metà gennaio, dall’altro il deficit di Snow Water Equivalent (SWE) resta marcato su tutto il territorio nazionale (-58%), con una situazione particolarmente critica sugli Appennini. Ma cosa ci raccontano i dati e quale prospettiva possiamo delineare per i prossimi mesi?
Il delicato equilibrio tra precipitazioni e temperature
È importante innanzitutto ricordare che l’accumulo nevoso è il risultato di due fattori chiave: la quantità di precipitazioni e l’andamento delle temperature. Nel mese di gennaio il Nord Italia ha beneficiato di precipitazioni superiori alla media, favorendo un recupero parziale dell’innevamento alpino. Tuttavia, nel Centro Italia la scarsità di precipitazioni ha ulteriormente aggravato la situazione, con un deficit marcato sulla dorsale appenninica.
Oltre che le scarse precipitazioni sugli Appennini, comunque, il problema principale resta la temperatura. Ancora una volta, gennaio si è confermato più caldo della media su tutto il territorio nazionale. Questo elemento ha giocato un ruolo determinante nel limitare l’accumulo di neve: precipitazioni abbondanti, infatti, non si sono tradotte in nevicate viste le temperature elevate, ma in piogge anche ad altitudini superiori alla norma.
«La temperatura è il fattore discriminante in questa fase, specialmente a quote medio-basse: a parità di precipitazione, se le temperature sono più elevate, l’acqua che normalmente sarebbe immagazzinata sotto forma di neve e rilasciata gradualmente nei mesi primaverili ed estivi a seguito della fusione, entra immediatamente nel ciclo idrologico sotto forma di deflusso superficiale. In altre parole, il mancato accumulo di neve implica una disponibilità idrica più irregolare e meno prevedibile nei mesi successivi, con potenziali ripercussioni sugli ecosistemi e sugli utilizzi umani dell’acqua», spiega Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione CIMA.
Quindi, cosa implica questo a livello dei bacini fluviali?
Tra Nord e Sud: la situazione nei principali bacini idrografici
Le Alpi mostrano segnali di miglioramento rispetto ai valori di metà gennaio. Sul bacino del Po, l’innevamento è ora leggermente sotto la media (-47%), prossimo al range della naturale variabilità interannuale. Un quadro simile si osserva anche sull’Adige, con un deficit del -50% e un lieve recupero rispetto ai dati precedenti.
Decisamente più critica la situazione sugli Appennini. Nel bacino del Tevere, ad esempio, il deficit raggiunge il -99%, con livelli di neve paragonabili a quelli dello scorso anno, uno dei peggiori dal 2011. Questo scenario si ripete in molte altre aree montuose del Centro Italia, dove le alte temperature e la scarsità di precipitazioni hanno limitato fortemente l’accumulo nevoso.
Due inverni in uno: il paradosso delle quote
Se nel Nord Italia, dunque, il bilancio nivale risulta più equilibrato, tanto da posizionare la stagione invernale 2024-2025 nella media rispetto agli ultimi decenni, sugli Appennini il quadro è ben diverso: qui l’attuale stagione si configura come una delle peggiori degli ultimi quattordici anni.
Possiamo parlare quindi di “due inverni” in riferimento alla differente situazione tra il Nord e il Centro-Sud del Paese, ma non solo. Come negli ultimi anni, anche quest’anno questo fenomeno è particolarmente evidente nella netta dicotomia tra le diverse fasce altimetriche.
«A quote medio-basse, sotto i 2000-2500 metri, il deficit nevoso è marcato, con una riduzione significativa dell’accumulo rispetto alle medie storiche. Qui, le temperature più elevate hanno favorito la fusione precoce e trasformato molte precipitazioni nevose in pioggia, impedendo la formazione di un manto nevoso stabile. Di conseguenza, ad oggi la neve disponibile per alimentare i corsi d’acqua in primavera potrebbe risultare notevolmente ridotta a quelle quote, con un impatto diretto sulla disponibilità idrica. Alle quote più elevate, la situazione è differente: si registrano in alcuni casi accumuli superiori alla media, grazie a temperature che, pur essendo più alte del normale, restano comunque sotto lo zero, consentendo la conservazione della neve. Questo scenario sottolinea il ruolo cruciale della temperatura nell’influenzare non solo la distribuzione della neve, ma anche il bilancio idrico complessivo delle regioni montane, con effetti che si rifletteranno nei prossimi mesi sulla portata dei fiumi e sulla gestione delle risorse idriche», spiega Avanzi.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?
Guardando avanti, le previsioni stagionali fornite da ECMWF indicano un trimestre marzo-maggio con temperature significativamente superiori alla norma su tutta Europa. Questo non depone a favore della conservazione del manto nevoso, che potrebbe subire una fusione anticipata rispetto alla media storica. Si tratta comunque di previsioni molto incerte, da continuare a monitorare.
Sul fronte delle precipitazioni, invece, il quadro appare più in linea con la media stagionale. Ma, come sempre, la discriminante sarà la temperatura: neve o pioggia? La risposta a questa domanda determinerà le sorti della risorsa idrica nivale e la disponibilità d’acqua per il periodo primaverile ed estivo.
Con l’arrivo di marzo, entriamo nella fase di transizione, in cui l’inverno cede il passo alla primavera e la neve inizia a trasformarsi in acqua per alimentare i fiumi e i bacini idrografici. Durante il prossimo weekend dovrebbe anche nevicare un po’ sugli Appennini!
Nei prossimi aggiornamenti, monitoreremo attentamente questo processo per comprendere come l’acqua conservata oggi sotto forma di neve si propagherà nei sistemi idrici del nostro Paese.